Le rondini mi vennero incontro con un grido alto di saluto: le riconobbi, erano ancora mie parenti; rapide, calavano nella strada mettendo ovunque la loro accorata disperazione. Le sentivo gridare dentro di me.

Dalla parte di lei, Alba de Céspedes

Adoro l’accadere di una coincidenza significativa, ovvero quello strano evento che Carl Jung ha definito sincronicità di nessi acausali. In particolare, reputo adorabile che un libro entri nella mia vita, senza che io abbia pianificato il suo ingresso in alcun modo, per parlarmi esattamente di quello di cui ho bisogno in quel dato momento.

A onor del vero era un po’ che avevo Dalla parte di lei di Alba de Céspedes fra la pila dei libri da leggere. Più o meno da quando incontrai l’autrice per la prima volta su L’altra biblioteca. Senza un motivo preciso ne ho continuamente rimandata la lettura, lasciando passare mesi, forse un anno addirittura, tra le sue pagine e me. Finché all’improvviso, totalmente impreparato, l’ho preso in mano. Giunto al termine sono ancora impegnato nel tentativo di mettere ordine al caos di pensieri che de Céspedes ha suscitato in me.

La mia reazione a Dalla parte di lei deve parecchio allo stato emotivo in cui mi trovo ultimamente. Il che non significa che l’opera di de Céspedes non sappia farsi amare per mille altre ragioni. C’è di tutto fra le sue pagine: urgente femminilità ed implacabile maschilismo; tradizioni in contrasto e distanze incolmabili fuori e dentro l’amore; la congenita inafferrabilità del presente e lo spettro ineludibile del passato; i turbamenti di una giovane in cerca di compromessi con una vita che non accenna a darle tregua; la guerra, le bombe, l’antifascismo. E molto, molto altro.

Ciò che ad ogni modo mi ha sorpreso a più riprese è la frequenza con cui ho scorto tracce di me stesso in Alessandra, protagonista e voce narrante del romanzo. Non tanto per gli eventi che la vedono coinvolta, perché, nonostante le somiglianze con l’Italia contemporanea e il suo prolungato volgere a destra, il tempo delle vicende raccontate è lontano da me, sia sul piano storico che su quello culturale.

In Alessandra, piuttosto, ho rivisto diverse versioni di me. Il me di un tempo, incapace di trovare lo spazio adatto per non dover fingere di essere qualcun altro, e perciò sempre fuori posto, perennemente confinato in un altrove indeterminato. Le mie poche certezze di allora hanno fin troppo in comune con quelle della giovane Alessandra. Come in lei, in me c’era un filtro atto ad impedirmi di penetrare senza vergogna la realtà.

Alessandra è però anche il me di adesso, ossia una persona che si dibatte tra istanze razionali e correnti irrazionali. Attonita, si muove parallelamente alle circostanze, le stesse circostanze che la obbligano tuttavia a prendere posizioni decise, spesso contraddittorie rispetto al suo più intimo sentire. Lei prova a fermarsi, cerca la quiete per ritrovarsi, ma la vita rilancia con passo greve il suo incedere inesorabile, facendosi via via più difficile da seguire.

Nessuno è contento. Alessandra se ne accorge in fretta e tenterà di dare una ragione a questa lapidaria persuasione. Nessuno è contento perché è impossibile esserlo mentre l’incertezza divora qualsiasi progettualità. La guerra annienta ogni sguardo lungimirante, ma allo stesso tempo le consolazioni indispensabili non sono nel passato di Alessandra. Guardare indietro è invece una gesto di rassegnazione al quale lei non vuole cedere. Si costringe avanti, piegata dai fantasmi di affetti scomparsi eppure risoluta nel suo respingere le debolezze che attraversano l’amore.

L’inquietudine di Alessandra dispiegata in Dalla parte di lei ha fatto compagnia a un sentimento del tutto simile in me. Non so se stiamo cercando le stesse cose, noi due, o se abbiamo gli stessi sogni. A ben vedere, anzi, non crediamo nemmeno negli stessi ideali. Abitiamo corpi differenti e ci rappresentiamo il mondo là fuori con sensibilità ineguali. Ciononostante, riconosciamo una crudele mancanza nella nostra vita, qualcosa di irreparabile che concede soltanto fuggevoli attimi di preziosa contentezza.

Avrei voluto rispondergli che la nostra era un’epoca in cui bisognava adattarsi ad essere contenti anche solo per poche ore, un pomeriggio, una notte: appena si poteva.

Dalla parte di lei, Alba de Céspedes